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Ut unum sint – La preghiera sacerdotale di Gesù

Ut unum sint. Credo che l’amore non avrà mai fine. Che nella vita futura saremo distinti, ma saremo anche una cosa sola.
Articolo pubblicato il: 23/12/2022
Immagine del dipinto "Ultima cena" del pittore Pietro Annigoni

Pietro Annigoni "Ultima cena" (1975) - fonte: passionedicristonellarte.it

«Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, poiché vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio»

Lc 22, 15-16

Dio nessuno l’ha mai visto

Credo che ogni religione contenga un frammento di verità su Dio.

Il nostro bisogno di sicurezza e il nostro desiderio di supremazia sugli altri ci portano a pensare che la nostra religione sia l’unica religione; che il nostro Dio sia l’unico vero Dio; che gli unici a conoscere la Verità  siamo noi, mentre tutti gli altri siano miscredenti da convertire.

Eppure in più punti la Bibbia ci fa capire che nessun uomo può comprendere l’essenza di Dio, fare esperienza di Dio. Nessun uomo può dire “io lo conosco!”.

“Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo” (Esodo 33,20). E’ quello che dice Dio a Mosé, che gli chiedeva di vedere la sua gloria.

Anche nel secondo libro di Samuele, Uzzà muore per aver toccato l’Arca dell’Alleanza, seppur con l’intenzione di non farla cadere, durante il trasporto (2Sam 6, 5-7).

Questo concetto è presente anche nei Vangeli, ad esempio nel prologo di Giovanni: “Dio nessuno l’ha mai visto; proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato.” (Gv 1, 17-18)

Ed è presente anche nella tradizione cristiana, nel racconto dell’incontro tra Sant’Agostino e il bambino che voleva far stare tutta l’acqua del mare in una buca sulla riva.

La verità è che noi non sappiamo niente di Dio, se non quello che altri ci hanno raccontato. Ci siamo fatti un’idea di Dio e ci siamo convinti che quell’idea sia Dio. E siamo disposti a litigare per difenderla, come se stessimo difendendo Dio stesso.

Noi cristiani possiamo fare affidamento sulla Rivelazione di Gesù, ma sappiamo anche che Gesù ha dovuto fare ricorso alle parabole per far capire ai suoi discepoli concetti che potevano risultare troppo difficili, se astratti dalla realtà quotidiana. Come pensare che la Rivelazione di Gesù descriva appieno Dio? Non tanto perché Gesù non lo conoscesse, ma quanto perché Dio è inconcepibile per l’uomo, come è inconcepibile che il mare stia tutto dentro una piccola buca.

Il contributo della fede cristiana

Un’altra convinzione da sfatare è che la Bibbia mi riveli chi è Dio. La Bibbia al massimo mi aiuta a capire chi sono io.
Mi dice come sono, attraverso la storia del popolo di Israele (Antico Testamento) e come dovrei essere, nella storia di un Dio fatto uomo (Nuovo Testamento), per essere davvero felice, per vivere in pienezza.

Tuttavia, dato che nella Bibbia ricorre continuamente la figura di Dio, posso cercare di coglierne alcuni frammenti. Ma, ancora una volta, provare ad avvicinarsi al mistero di Dio con curiosità scientifica, non può portare a nulla (“se non ritornerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli” – Matteo 18, 1-5 significa -anche- questo); cercare di comprendere qualcosa di più su Dio mi può invece aiutare a capire quale senso, quale scopo posso dare alla mia esistenza, per poter dire di viverla con pienezza.

Credo che il contributo della fede cristiana a questa ricerca sia dato prevalentemente da tre concetti (che in realtà sono uno solo):

  • Dio è Amore (1Gv 4, 16),
  • Dio è Padre, ma molto più è Madre,
  • Dio è Trinità.

E tra i tre concetti, quello per me più illuminante -e di cui tratta il resto del post- è quello della Trinità (anche se, in base a quanto ho detto fin qua, non sarei per nulla scandalizzato se scoprissi  che Dio è Decina, o Centinaio, con numerosi figli, ciascuno con la sua umanità da guidare).

La sintesi di tutta la Bibbia: l’ultima cena di Gesù

Al corso in preparazione al tam tam talk, l’istruttore ci ha chiesto di esporre il nostro discorso in uno scritto di trenta righe, poi in uno di dieci righe e infine in uno di tre. L’intenzione era quella di farci togliere dal discorso tutto il superfluo per concentrarci sull’essenza: cosa volevamo veramente trasmettere a chi ci ascoltava?

E’ una tecnica che usavo anch’io quand’ero animatore dei gruppi giovanili parrocchiali. La prima domanda era: “Chi di voi ha un bel voto in italiano?” Poi seguiva: “E con i riassunti come ve la cavate?” Infine tiravo fuori la mia Bibbia (che ha lo spessore di quattro dita), la mettevo in mano ad uno di quelli che con i riassunti se la cavavano bene e gli chiedevo “Mi fai un riassunto di questo libro, in tre parole?”.

Se devo fare il riassunto della Bibbia in tre parole, cito la prima lettera di Giovanni: “Dio è amore“, se posso spendere qualche parola in più, allora parlo dell’ultima cena.

Che non è stata una bicchierata tra amici.

Proviamo a calarci nella situazione: Gesù sa che le scritture si stanno per compiere: sa che la Pasqua, il memoriale del passaggio attraverso il Mar Rosso dalla schiavitù d’Egitto alla Terra Promessa, è il simbolo del suo passaggio dalla schiavitù della morte alla vita eterna. Sa che l’agnello sacrificale sarebbe stato immolato tra i due vespri del venerdì, secondo la tradizione. Sa che non ha più tempo: di lì a poco sarebbero venuti i soldati a prenderlo per ucciderlo e  vuole lasciare ai suoi discepoli l’essenza del suo messaggio.
E’ quello che faremmo anche noi se dovessimo separarci dai nostri cari: prima di chiuderci la porta alle spalle, faremmo loro le ultime raccomandazioni, riprenderemmo le cose importanti da tenere a mente: “mi raccomando…”, “ricordati che…”

Ut unum sint: affinché siano una cosa sola

Dei ventuno capitoli del vangelo di Giovanni, cinque -dal 13 al 17- riguardano l’ultima cena, ovvero il testamento spirituale di Gesù: la lavanda dei piedi (cap. 13 di Giovanni), un nuovo comandamento: “amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi” (cap. 15), e infine, al culmine, la preghiera a Dio nota come la “preghiera sacerdotale di Gesù”, che costituisce l’intero capitolo 17, e da cui traggo questo versetto:

Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola.

Gv 17,20-21

Ut unum sint. Affinché siano una cosa sola. Questo è tutto. Tutta la Bibbia converge qui.

Tutti i concetti di Dio Trinità, di paradiso, di eucaristia, di comunione dei santi, di chiesa come corpo mistico di Cristo (Rom 12, 4-5), di comunità, di perdono: tutto il Vangelo e tutto l’insegnamento di Gesù prendono significato se ci mettiamo nell’ordine di idee che, in prospettiva, “io” e “te” saremo una cosa sola. Distinti, come sono distinti il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, ma una cosa sola, com’è Dio Trinità.

L’evangelista Marco riporta le parole di Gesù: “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Mc 12,29-31), ma secondo me è più chiaro detto così: “Amerai il prossimo tuo perché è te stesso”.

Trovo molto bella la frase: “Se il tuo fratello commette una colpa, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello” (Mt 18,15-17). Avrai guadagnato tuo fratello! Un bene prezioso non verrà perso. Una parte preziosa di te non verrà persa!

“Dio è amore”, questo io credo.

Credo che l’amore non avrà mai fine.

Che nella vita futura saremo distinti, ma saremo anche una cosa sola. L’amore è unità.

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Scritto da: Alberto

Classe 1962, vivo da sempre a Padova. Lavoro nel settore dell'informatica e da alcuni anni mi interesso di Web development. Mi riconosco negli ideali del Vangelo e in quelli della sinistra, così come li ha descritti Pier Luigi Bersani nella trasmissione "Vieni via con me".

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